SPECCHI INFRANTI BY RICCI CAP52-53

Capitolo 52

 

Gianni aveva appena versato l’aperitivo nei due bicchieri, quando guardando Lorenzo sorrise. “Che c’è?”, chiese il regista. “Niente… sono solo felice… oggi è un grande giorno per me. Porterò a termine una cosa importante.” “Addirittura… e di che si tratta? Si può sapere?”. “Vieni di sopra… ti faccio vedere una cosa”, disse il ragazzo prendendolo per un braccio. Salirono al piano superiore ed entrarono nella stanza non arredata. Dalla cesta di vimini Gianni prese un piccolo album di foto. Lo porse a Lorenzo. “Guardalo dai…”, disse sorridendo. Nella prima foto, c’era una bella ragazza mora. “Chi è questa donna?”, domandò Lorenzo. “Mia moglie…”, rispose il ragazzo. “Davvero bella… non l’avevo mai vista.” Seguirono altre foto di paesaggi, due di Gianni, fino a giungere a una foto della stessa donna vistosamente incinta. “Non sapevo che tua moglie aspettasse un bambino. Non ce l’hai mai detto…”, Lorenzo era a dir poco sconcertato. “Questa doveva essere la camera di nostro figlio… quella culla l’avevamo comprata insieme per lui.” Gianni parlava con voce monocorde… quasi assente. Un brivido di paura attraversò per un istante la schiena di Lorenzo. “E… il bambino?”, chiese con timore. “È morto!”, rispose Gianni. “Morto? Che diavolo significa? Non mi piace questo gioco… non è divertente.” “Non è un gioco Lorenzo… mio figlio è morto. TU L’HAI UCCISO! “, gridò. Il regista non fece in tempo a dire o pensare a nulla. Il colpo gli arrivò in testa all’improvviso.

 Capitolo 53

 

Si risvegliò alcuni minuti dopo, trovandosi seduto in terra con i polsi legati al termosifone. La stanza era la stessa. In piedi avanti a lui c’era Gianni. Il suo viso era trasfigurato dall’odio. In mano teneva un rasoio. “Perché mi stai facendo questo?”, chiese Lorenzo. “Perché… perché hai uccifo… no calmo… devo stare calmo… parlare bene… uccifo… uccifo… accidenti! Ucciso! Bravo Gianni… adesso l’hai detto bene.” Lorenzo lo guardava paralizzato dal terrore. Il suo amico era completamente fuori di se. Poi capì. La ragazza prima di morire, non stava dicendo un nome… effe… stava pronunciando la lettera effe. Il difetto di pronuncia di Gianni, che si manifestava nei momenti di maggiore stress. Sicuramente, raggiungeva il suo apice massimo quando era colto dai raptus omicidi. Aveva avuto la soluzione sempre davanti ai suoi occhi. Non riusciva ancora a capire il motivo di tutto quell’odio nei suoi confronti. Aveva sempre voluto un mare di bene a quel ragazzo. “Perché Gianni… ti prego… dimmi un perché. Hai ucciso Simona… mia cugina… e tutti gli altri… PERCHÉ?”, gridò. Il ragazzo gli si avvicinò senza rispondere, puntandogli contro il rasoio. Lorenzo con le gambe diede dei calci in aria, nell’inutile tentativo di allontanarlo. Gianni rise. Una risata folle. Agghiacciante. Il fendente giunse improvviso. Il regista non sentì dolore. Vide solo la stoffa lacerata dei pantaloni appena sopra il ginocchio. Poi arrivò il sangue. Un rigagnolo sottile, che piano piano iniziò a colorare di rosso sia la gamba sia il pavimento. Lorenzo continuava a chiedere il perché di tutto quell’orrore. Gianni, ingoiò alcune pasticche che l’amico conosceva bene. Servivano a tenerlo calmo nei momenti di nervosismo e permettergli di parlare bene. Poi iniziò a raccontare. “Hai ucciso mia moglie e il bambino dentro di lei. Avrei voluto continuare a farti stare nel terrore ancora per un po’, ma la situazione aveva preso una piega che non mi aspettavo. Avevi capito che quell’attore da due soldi non centrava niente… alla fine tu e il commissario sareste arrivati a me. Ho dovuto accelerare i tempi. Non potevo rischiare di essere scoperto, prima di portare a termine la mia vendetta. Mia moglie era incinta… mancavano pochi giorni… poi quella sera… quella fera… no Gianni calmati… calmati… CALMATI!”, gridò. Camminava avanti e indietro per la stanza, gesticolando forsennatamente con il rasoio sempre stretto nel pugno. Ripresa padronanza di linguaggio continuò a raccontare. “Eravamo rientrati a casa dopo una cena… lei non aveva sonno. Si sedette sul divano e accese la televisione. Facendo zapping fra i canali, capitò in uno dove iniziava un tuo film. Io non volevo che lei lo guardasse. Fa paura amore… fa paura le dicevo… ma lei niente… era curiosa… la pellicola l’aveva attirata sin dalle prime scene. Spegni… continuavo a dirle… lei rideva e mi prendeva in giro dandomi del fifone… allora mi sedetti al suo fianco. Il film faceva davvero paura… sei bravo lo sai?” La rasoiata giunse improvvisa come la precedente. Stavolta a farne le spese, fu la spalla sinistra. Lorenzo era ormai certo che sarebbe morto dissanguato. Nessuno sapeva che si trovava lì. Nessuno conosceva quella casa. Gianni ricominciò a parlare. “Mia moglie non distoglieva lo sguardo dallo schermo. Quelle scene erano tremende. Poi ne arrivò una più spaventosa di tutte. Lei gridò, portandosi le mani al viso. Subito dopo il sangue… IL SUO SANGUE! Non sapevo cosa fare. Chiamai un’ambulanza. L’attesa sembrava infinita. Quando arrivammo in ospedale, la portarono subito in sala operatoria. Il tempo sembrava essersi fermato. Poi… poi mi dissero che erano morti. Entrambi… una forte emorragia interna… il film… IL TUO FILM! Maledetto… MALEDETTO! Uno shock causato da quella scena tremenda.” “No Gianni… è stato un caso…”, disse debolmente Lorenzo, che sentiva le forze venirgli sempre a meno. “Il film non centrava nulla… un’emorragia interna… è terribile ma a volte succede.” “SEI STATO TU!”, gridò Gianni assestandogli un calcio allo stomaco, che gli fece mancare il fiato. Poi, riprese il suo delirante racconto. “Fui portato in clinica. Mi curarono… ai medici sembrai guarito e decisero di dimettermi. Pensavano che avessi dimenticato. COME POTEVO? Pensavo giorno e notte alla mia vendetta! Tornato a casa, iniziai a informarmi su di te… la tua vita… i tuoi affetti. Chiusi questa casa e affittai un altro appartamento. Ripresi il lavoro di traduttore. Feci amicizia con Corrado, frequentando assiduamente lo stesso cineclub. Sapevo che spesso ci andava da solo, e soprattutto che era tuo grande amico. Non fu difficile entrarci in confidenza. Poi finalmente conobbi te. Quella è stata la parte più difficile. Fingere di volerti bene… ma era necessario. Dovevo diventarti amico… conquistare la tua fiducia nel tempo.” Lorenzo nel frattempo era svenuto. Non lo sentiva più. Gianni se ne accorse. Smise di parlare. Restò alcuni istanti in piedi ad osservarlo, poi s’inginocchiò e intinse le dita nel sangue colato sul pavimento. Se lo passò sulle guance. Uscì dalla stanza ridendo. La follia aveva preso il completo sopravvento.

 

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