AMERICAN SPLATTER PILLS
American Splatter Pills è composto da quattro racconti brevi indipendenti l’uno dall’altro, ma che costituiscono una sorta di unicum narrativo, dove al centro di tutto, ci sono i classici clichè del cinema horror americano anni ottanta, e in particolar modo lo slasher, nei contenuti oppure nelle varie location dove li ho ambientati.
Una vampira che punisce i clienti poco gentili con lei, che contrasta con lo sfarzo di una Las Vegas che prima ti conquista con le luci, il gioco, poi ti fa vedere i suoi lati oscuri.
Un drugstore, elemento tipicamente americano, ovvero quei supermercati spesso aperti anche di notte con lunghissimi corridoi che sembra non finiscano mai. Una ragazza in difficoltà, un commesso che vorrebbe andare a vedere il superbowl di football e un serial killer con una maschera riproducente un fallo maschile.
Un drive-in dove un ragazzo ossessionato dalle tette e un aspirante cheerleader che ha il problema di avere il seno troppo grosso, si ritroveranno in una sorta di resa dei conti finale.
E per concludere un giocatore di baseball un po’ tonto, che viene contaminato da un hamburger andato a male, che gli dona una seconda vita e una forza allucinante
Sostanzialmente sono quattro racconti scorretti, pieni zeppi di elementi splatter conditi con qualche scena di sesso, humour, situazioni trash, stile Troma e col cuore come altro elemento in comune per tutti i racconti.
Spero che vi possiate divertire e che possiate assaporare un pochino di America e di anni ottanta.
Sono stati scritti di getto, senza prendermi troppe pause con la finalità di non avere nessuna casa editrice alle spalle, ma semplicemente di proporli a qualche sito che conosco.
L’ho chiesto a Gabriele Macchi, e senza pensarci troppo su, mi ha detto di si.
LEI
Luci scintillanti, la capitale del vizio e della corruzione. Se entri da solo, puoi anche non uscirne più, oppure profondamente cambiato.
E’ il paradiso di tutti quei commessi viaggiatori che con la scusa del lavoro, possono godersi dei momenti in piena libertà. Un breve ritorno alle origini da single.
Alan erano ormai vent’anni che si era sposato con l’unica donna della sua vita, Tina. Si conobbero direttamente nelle aule del college e poi in un batter d’occhio misero su famiglia. Una vita coniugale apparentemente semplice ma che dopo qualche anno lo fece sprofondare nella più totale insoddisfazione. Lavorava per l’azienda di trasporti di suo suocero, quindi era doppiamente in gabbia.
Anche i rapporti sessuali con la moglie erano diventati come timbrare il cartellino. Semplici gesti meccanici, dove il maggiore sforzo era quello di pensare a qualche altra donna per farselo drizzare. Ora, doveva concludere un importante affare a Las Vegas e passarci due notti che potevano essere di sconforto nel caso la trattativa non fosse andata a buon fine, oppure di giubilo.
Entrò quindi nell’ufficio del cliente giapponese, pieno di tensione, sapendo che si sarebbe giocato parecchia credibilità e quell’aumento che sperava così tanto di ottenere.
“Buongiorno Mr. Brook, fatto buon viaggio?”
“certo, tutto bene. Presumo che abbia dato un occhiata alla nostra offerta di collaborazione”
“certamente e siamo d’accordo su tutti i punti. Gli affari si fanno sempre in due e anche noi abbiamo il nostro tornaconto”
“quindi può firmarmi già adesso il contratto?”
“siamo qua per questo, giusto?”
“ad essere sincero, avevo previsto i classici due giorni di trattativa. Però così, anche meglio, rapido ed indolore”
“ahahhahahah, e allora si goda i suoi due giorni qua a Las Vegas, impossibile annoiarsi”.
Già, ora cosa fare? Tornarsene a casa immediatamente col contratto firmato, festeggiare con la famiglia e timbrare il cartellino? Oppure dire una bugia e fermarsi due giorni con albergo pagato? Per una volta nella vita, in piena libertà senza controlli, senza nessuno che imponesse qualcosa. Fanculo a tutti.
“Hey, pivello, non darmi brutte notizie. Come sta procedendo l’affare?”
“abbi un minimo di fiducia”
“altrimenti, non ti avrei mandato a terminare la negoziazione. Però ricordati che in un anno hai concluso solo tre affari. Questa è la tua grande occasione, se fallisci non ne capiteranno altre”
“cazzo, mi fai finire di parlare?”
“senti, senti, hai tirato fuori i coglioni, adesso al telefono?”
“dunque Mr. Hiroshi, sta valutando tutti i punti. Entro domani sera, mi darà la risposta. Devi stare tranquillo, a fiuto andrà tutto in porto”
“a fiuto ….”
“pronto?”.
Ma vaffanculo, ormai la decisione era presa, non si meritavano niente di meglio.
Alan, quindi arrivò nella hall dell’albergo, una doccia tonificante e via pronto per godersi due notti di divertimento a Las Vegas.
Il casinò si presentava come una piccola città dislocata in diverse sezioni: sala slot,dadi, roulette e tanti altri giochi di cui ne ignorava l’esistenza prima di entrare in quella sorta di mondo fatato.
Tante signorine giravano intorno agli ospiti offrendo coppette di champagne e cercando un approccio.
Anche loro volevano concludere la loro speciale transazione economica, ma Alan era concentrato sul gioco.
Era il suo giorno fortunato, ovvero il principiante iniziato al gioco in maniera vincente, le porte si stavano velocemente spalancando.
Un fortissimo accumulo di fiche, riconvertibili in mille dollari e anche un grande quantitativo di alcool per alleggerire la tensione.
Però era il momento di fermarsi, ci stava ancora l’ultimo goccio al bancone del bar e poi bisognava andarsi a riposare.
“E’ possibile un doppio whiskey?”
“con ghiaccio o liscio?”
“liscio grazie”.
Gli ultimi avventori di notte al bancone del bar, sono sempre quelli che racchiudono il maggior carico di solitudine, nascosta in maniera non troppo ordinata.
Esseri umani inghiottiti in una spirale di vizio e degrado morale.
La biondona dall’altra parte del bancone, stava continuando ad osservare Alan, l’ultima tentazione per scivolare all’inferno.
La guardò bene, cercando di capire chi fosse: età media quarantacinque anni, anche probabilmente qualche anno in più era dovuto alla vita che stava facendo.
Bassa di statura, cosa che contrastava in maniera molto forte con quelle tettone siliconate che sembravano dover uscire da un momento all’altro da quel vestitino ridotto all’essenziale.
Lunghi capelli biondi, occhi azzurri e due gambe bellissime senza imperfezioni.
Sembrava una sorta di Pamela Anderson e magari anche lei aveva tentato una carriera come attrice gonfiandosi le tette, per poi finire su qualche set porno e ora a girare per i casinò.
Però era anche un soggetto interessante e ormai Alan aveva già oltrepassato la soglia della decenza.
“Ciao, come procede la serata?”
“ce ne hai messo di tempo, sei timido?”
“no, però non sono pratico in queste cose”
“capisco, la fede al dito parla chiaro”
“ecco, vedi mi sono anche dimenticato di toglierla”
“ci sono abituata non ti preoccupare, perlomeno sei onesto”
“insomma, ho detto delle bugie a mia moglie, invece che essere a casa, mi ritrovo alle tre di notte a parlare con te”
“vuoi bene a tua moglie?”
“si, però non sono contento della vita che sto facendo”
“dove andiamo?”
“purtroppo devo farti la classica domanda, quanto vuoi?”
“non ti devi preoccupare, andiamo in camera tua e quando abbiamo finito, mi darai quanto vorrai”
“bene, allora per me si può andare”.
Sembrava la giornata perfetta: un contratto milionario andato in porto, una grossa vincita e ora poteva scoparsi la donna più bella che avesse mai visto in vita sua.
Alan, la osservò mentre si alzava, ancora più bella di come sembrava.
Presero l’ascensore iniziando un approccio, la toccò in ogni parte del corpo, alzandole il vestito da dietro e appoggiando il proprio membro contro il suo culo.
Come a farle capire che faceva sul serio.
“Ti voglio scopare come una cagna in calore”
“oh, hai fatto presto ad andare su di giri”
“sei la mia troia”.
Arrivati in camera si spogliarono velocemente e lo sguardo di Alan si concentrò sulla figa totalmente depilata della donna, proprio come piaceva a lui.
Si avvicinò con la bocca, un bacio profondo ma che gli lasciò addosso un senso di freddo improvviso e un fortissimo odore come di marcio, carne andata a male e tenuta ancora in frigorifero.
Si scostò immediatamente, prendendola per i fianchi e appoggiandola al letto, il classico doggy style che sua moglie gli aveva sempre negato.
Tutto fino in fondo, accompagnato da schiaffi contro quelle chiappe così perfette.
Per la donna era un gesto meccanico, la sua transazione economica, per Alan invece era uno sfogo contro tutte le privazioni sessuali che aveva avuto, era come liberare l’aspetto più selvaggio insito in lui.
Aveva ormai liberato i propri demoni interiori, iniziando ad essere sempre più violento, come sei lei non fosse un essere umano, ma un semplice oggetto sessuale.
“Allarga le gambe, puttana”.
Già, puttana, troia, solo questi termini, si era proprio dimenticato di chiederle quale fosse il suo nome, cosa si aspettava dalla vita oltre a fugaci avventure sessuali, magari con l’aggiunta di queste umiliazioni.
“Ora me lo succhi tutto, fino a marchiarti la bocca col mio sperma”
“basta così, il tempo è scaduto”
“ah, il tempo? Tieni, questo è per il tempo, vecchia troia”.
Un violentissimo schiaffo fece colpire la testa della donna contro il muro della stanza, imbrattandolo di sangue.
“Chi è che comanda? Dimmelo!”
“tu”
“quindi? Cosa farai?”
“te lo succhio fino a marchiarmi la bocca col tuo sperma”
“ecco, brava, apri la bocca e succhia da troia quale sei. Avanti e indietro”.
Appena aperta la bocca, un fetore infernale venne sprigionato, un sentore di marcio profondo.
Già, il marcio insito nell’anima, nella dannazione dei non morti, costretti a vagare in eterno.
Due zanne acuminate si palesarono davanti agli occhi del commesso viaggiatore, riducendo il membro ancora in erezione ad una sorta di minuscolo wurstel, condito con eccessiva dose di ketchup.
Lei si accanì sulla gola della nuova preda, andando tremendamente in fondo, violenti getti di sangue schizzavano da ogni parte, dipingendo le pareti e le lenzuola con un acceso rosso scarlatto.
Anche lei esplorò ogni centimetro della pelle di Alan, spolpando la pelle e riducendolo a miseri pezzettini di scheletro, saziandosi di sangue e scavando con le unghie nel torace, tirando fuori il cuore e lasciandolo in bella vista accanto al cadavere, o meglio quello che rimaneva del suo corpo, ormai svuotato da ogni organo e parvenza di umanità.
Era comunque il trattamento che lei faceva sempre con chi si dimostrava essere una persona senza cuore.