IL TERRORE VIENE DALLA PIOGGIA

REGIA: FREDDIE FRANCIS

ATTORI: CHRISTOPHER LEEE, PETER CUSHING, DUNCAN LAMONT,  LORNA HEILBORN

REPERIBILITÀ: MEDIA

GENERE: HORROR

ANNO: 1973

Con “Il terrore…” il grande Freddie Francis ci dona un bel b-movie fatto come si deve, gli amanti delle vecchie atmosfere alla Hammer saranno soddisfatti, ci sono tutti gli ingredienti del caso: scienziati pazzi, un mostro preistorico pronto a risvegliarsi, ambientazione ottocentesca e folli esperimenti. Freddie Francis è stato un gran regista e direttore della fotografia, diresse la fotografia in film del calibro di “Elephant man” di Lynch, “Dune” sempre di Lynch, e l’ottimo “Cape fear” di Scorsese. Come regista in ambito horror possiamo citare “La rivolta di Frankenstein” , “Le cinque chiavi del terrore” e “La bambola di cera“, con “Il terrore viene…” Francis fà una riflessione sull’origine del male che si diffonde fra gli esseri umani, una tendenza al male che non è solo speculazione filosofica ma nel film trova una radice anche scientifica, il male come morbo, come ammasso di cellule malate pronte ad aggredire, a divorare quelle sane partendo dal ritrovamento in Nuova Guinea di uno strano scheletro dalle proporzioni troppo grandi per appartenere ad un uomo preistorico.

Questa tendenza al male la ritroviamo anche nel personaggio del fratellastro anche lui (come il protagonista) scienziato ma invidioso e malvagio ben interpretato da Christoper Lee (il Dracula per eccellenza assieme a Bela Lugosi, attori che non hanno bisogno di presentazioni) che si contrappone al protagonista, il dott. Hildern (Peter Cushing) uomo apparentemente meno malvagio ma anche lui molto ambizioso. Il tema del male e del lato oscuro che ci presenta Francis ha radici antiche, lo possiamo riscontrare sicuramente nel “Dottor Jeckyl e mr. Hyde” di Stevenson, un tema spesso trattato negli horror classici (ed anche nel cinema di Milligan dato che il suo “Uomo con due teste” altro non è che una visione “alla Milligan” della storia di Stevenson) ma nel film di Francis vi è anche la malattia mentale presentata come male ereditario, come incubo che ricade sui figli (le nuove generazioni) quasi come fossero capri espiatori delle colpe dei “grandi” infatti la figlia del dottore assumerà sempre di più gli atteggiamenti schizoidi della madre in un crescendo ben orchestrato che mostra il mutamento radicale del personaggio, da donna-bambina che ama giocare nella stanza della madre con le figurine a pazza furiosa e addirittura meretrice pericolosa.

C’è anche una critica alla società che relega i freaks a mostri da chiudere in una sorta di segrete, uno di essi però riuscirà a fuggire seminando il panico, è un film questo dove i personaggi sono spesso ambigui, non c’è un vero eroe senza macchia ma una serie di personaggi che rincorrono qualcosa (o nascondono come nel caso della verità sulla madre celata da protagonista a sua figlia) la fama, il prestigio a qualsiasi costo o semplicemente la libertà come il personaggio del freak. Le riprese sono prevalentemente in interni, i dialoghi sono molto profondi e ben costruiti, le scenografie sono ottime, sicuramente è la parte dove è stato speso il budget: ambienti ottocenteschi, laboratori, carrozze, mobili antichi, taverne, tutto ottimo. Il mostro che si risveglierà con l’acqua (interessante il fatto che l’elemento che porta la vita è qui simbolo di morte) è tenuto per il gran finale che risulterà ambiguo e lascerà spazio all’interpretazione. Un bel film con un cast ottimo.

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