LE INTERMITTENZE DELLA GIUSTIZIA+INTERVISTA CON JEAN PAUL APRÈS

REGIA: JEAN PAUL APRÈS

ATTORI: GLORIA POI, MARIO VELASCO, MARY PETROLO, HELENA PETEREIGHTS

REPERIBILITÀ: CORTO DISPONIBILE SU YOU TUBE

GENERE: HORROR

ANNO: 2018

Con “Le intermittenze della giustizia” siamo davanti ad un corto veramente ben fatto, Jean Paul Après ci introduce in questa atmosfera dal gusto retrò (con rimandi al cinema anni ’70…) dai colori e tecniche di regia mutevoli. La giustizia che si fà personaggio inquietante e misterioso, una gitana benevola con le anime in pena, resuscita una bambina che diventa un essere soprannaturale assestato di sangue. Il corto si apre subito senza fronzoli con una sequenza assai disturbante: una bambina imbavagliata alla mercè di un sadico che la tortura con un cacciavite, poi l’oblio, la morte. Arriva subito dopo la sequenza della resurrezione, una scena surreale, quasi fiabesca, esaltata dai colori retrò, un viola funebre predominante. Poi il film muta ancora pelle, arriva la vendetta, un bianco e nero asettico che incornicia una agghiacciante scena di tortura dove i ruoli si ribaltano, la vittima si fà carnefice in una sequenza priva di dialoghi sottolineata solo da un rumorismo ambient molto inquietante, la regia coglie primi piani asettici, lo sguardo impaurito dell’aguzzino che fissa la maschera bianca e impenetrabile della sua piccola carnefice, la cinepresa coglie dettagli come le mani tremanti, e tutta la sequenza è pregna di un’aura malata come fosse uno snuff movie surreale. Il corto nella sua seconda parte procede nella direzione della vendetta, una tortura psicologica ai danni del malfattore che il regista evidenzia essere una persona insospettabile che conduce una vita apparentemente normale. C’è questa voglia di coinvolgere lo spettatore grazie a primi piani con sguardo in macchina da presa, come nella scena del caffè a casa della cliente, si crea spesso un’atmosfera surreale che diviene inquietante grazie ad espedienti spesso semplici ma molto efficaci, ricorrendo talvolta a dissolvenze che non fanno altro che aumentare questa inquietudine palpabile. Un bel corto, con un’idea molto originale, esaltato da una vena di malinconia che attraversando tutta la sua durata chiuderà anche le danze.  Adesso scopriamo qualcosa in più direttamente dal master di questa opera!

1)  Dott.trash: Da quanto tempo giri cortometraggi?

J.P.Après: Dal 2011, completamente da autodidatta. Ho recitato a livello amatoriale con un gruppo teatrale di Pisa dal 2000 al 2017, ma la mia passione è il cinema, divoro film da sempre, specialmente americani: Lynch, Cimino, Coppola, Stone, Tarantino, Scorsese sono i miei registi preferiti.Ho fatto la comparsa un paio di volte e recitato in un corto di altri, ma non potendo realisticamente investire tempo e denaro per cercare di fare l’attore (sono un serio impiegato di una ditta farmaceutica, nella vita “reale”…), ho pensato di realizzare un corto noir, con una vecchia videocamera digitale ed una buona idea, e così è nato “Due cose importanti“, qualitativamente molto scarso, ma con una bella trama. E’ stato selezionato al Genova Calibro 9 Film Festival nel 2016. Poi sono venuti “Lo strano caso del dottor Gechi“, “Fiori di carta“, “Favola nera” ed un paio minori, meno riusciti. Le intermittenze” è l’ultimo, ed il primo con qualità video alta: ho comprato una digitale valida quando ho capito che mi piaceva troppo continuare a girare, purtroppo i primi corti sono realizzati con una videocamera a bassa risoluzione che li penalizza, ma “gechi” e ” fiori di carta” in particolare credo siano belli, o almeno a me piacciono molto.

2) Dott.trash: Ho visto che “le intermittenze …” ha partecipato al Fi-Pi-Li horror festival sei rimasto soddisfatto di questa esperienza? Il tuo corto ha girato anche per altri concorsi?

J.P.Après: In realtà, purtroppo non ho potuto presenziare al festival per impegni familiari, ma avevo già fatto l’esperienza del FIPILI nel 2017, quando scelsero per la sezione Weird altri due miei corti, “Fiori di carta” e “Favola nera“: anche in questo caso, bassa qualità tecnica, ma idee originali e atmosfera tesa (sono stati anche recensiti da Ciak nel 2016, da Stefano Lusardi nella rubrica Visioni on line). Il festival mi è piaciuto molto, un ambiente professionale ed informale, i curatori ottimi, il clima divertente e creato da persone competenti ed appassionate. Bello! 

I festival sono importanti, ti costringono ad affrontare il pubblico e le sue reazioni, e ti consentono di conoscere altri appassionati (come Andrea Maccarri).
In questo periodo sto inviando “Le intermittenze” ad un po’ di festival, vediamo che succede, per ora è stato solo al fipili. 
3)  Dott.trash: Mi è piaciuta molto l’atmosfera che sei riuscito a creare anche con pochi mezzi, il personaggio della giustizia è molto fiabesco, sembra quasi lo spettro di una zingara, la sua entrata in scena è molto artistica, puoi dirci con quale tecnica hai alterato i colori della sequenza?

J.P.Après: Lavoro da sempre per il montaggio e l’elaborazione con un software semplice, ma funzionale (AVS videoeditor), che consente anche le alterazioni di colore. La mia voglia di fare cinema è nata per passione, all’inizio non volevo investirci più di tanto, era per divertimento, per cui ho provato vari software gratuiti, con questo mi sono trovato bene e l’ho acquistato.

Lavorando con pochi mezzi ti devi ingegnare per ottenere un risultato efficace con poco o trovare il modo di rimediare ad errori. Il look gitano della giustizia è stato proposto dall’attrice, l’idea delle maschere e della bilancia antica è mia: la giustizia doveva essere impassibile, spaventosa, arcaica. Tornando ai colori, rivedendo la scena girata, mia moglie si è accorta di un brutto errore, si vedeva troppo l’elastico della maschera!
Prima di rigirare la scena ho pensato di modificarla per renderla onirica, suggestiva e associare il cambio di colori ai momenti importanti di azione della Giustizia: credo che così funzioni molto bene, meglio rispetto a non variare i colori: coprire un errore è stato utile per provare a sperimentare e migliorare la resa della scena.
4) Dott.trash: La scena in cui la bambina tortura il suo aguzzino è una delle più agghiaccianti, ho notato che il sonoro nella sequenza consiste solo in una sorta di tetro ambient in cui il linguaggio parlato è assente, questo crea un’atmosfera morbosa e claustrofobica, concordi?

J.P.Après: Sì. Mi piace molto lavorare in fase di montaggio sui suoni, credo abbiano un ruolo chiave nel creare la giusta tensione emotiva:  la difficoltà sta nel non esagerare e imparare a e togliere il superfluo, sia per le immagini che per suoni e musiche. Sono molto contento dell’effetto che ti fa la scena, è quello voluto.

Inoltre mi piace mettere in scena oggetti comuni che possono fare davvero paura: un martello od un cacciavite li abbiamo tutti in casa, ma non pensiamo a loro come strumenti di tortura: sono meno inflazionati di artigli e motosega, e per questo secondo me più spaventosi.
5) Dott.trash: Il tuo film ha un’aura molto vintage,in alcune sequenze sembra un omaggio agli anni ’70, prediligi le atmosfere retrò?

J.P.Après: Credo di sì, ma più istintivamente che per bagaglio culturale. Mi sono appassionato al genere horror leggendo Dylan Dog, ho divorato film americani, seguivo i cicli di film presentati da zio Tibia, ma da poco ho visto per la prima volta vari film di Argento, che trovo geniali (specialmente Suspiria e Profondo Rosso) per l’uso di colori, della composizione delle immagini come quadri, per le musiche ed il sonoro. Adoro Lynch, di cui sto recuperando tutta la filmografia, e che lavora molto su suoni e colori.

Una cosa che mi piace di questi autori, e che mi accorgo di fare anch’io, è l’uso del tempo: non c’ è mai un montaggio frenetico, la paura nasce grazie a tempi lunghi, sviluppo della trama, non solo grazie ad effetti o immagini che corrono.
6)Dott.trash: Puoi dirci qualcosa sugli attori coinvolti nel progetto? Sono amatori o professionisti?

J.P.Après: Questa è la parte buffa e bella: dal mio primo corto in avanti, è tutto fatto in casa: la donna è mia moglie, Maria Teresa Petrolo, che mi aiuta anche nelle riprese; la bambina che cresce film dopo film è mia figlia Gloria, che si diverte a recitare ed è molto brava; l’uomo sono io, alias Jean Paul Apres (regista, sceneggiatore, ecc) alias Mario Velasco (attore). Mia moglie fra l’altro è medico, e mi ha dato diversi spunti con aneddoti del suo lavoro finiti in “Lo strano caso del dottor Gechi“, unico corto drammatico non horror noir che ho fatto, su una guardia medica napoletana sui generis.

Sono fortunato, ho una famiglia bellissima che mi sostiene e si diverte con me.
Nelle “Intermittenze” la signora del caffè è mia madre (che mi trova un po’ strano, ma si è prestata senza fare troppe domande e ha recitato bene).
Dott. Trash Grazie Jean Paul ! A presto !

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