REGIA:  OZ PERKINS

ATTORI:  NICHOLAS CAGE, MAIKA MONROE, ALICIA WITT, KIERNAN SHPKA

REPERIBILITÀ: ALTA

GENERE: THRILLER-HORROR

ANNO: 2024

Oz Perkins è figlio del grande attore Anthony Perkins, con questo film dimostra di essere anche un gran regista sfornando uno degli horror più interessanti degli ultimi anni, “Longlegs” è un thriller horror con tematiche sataniste, tutto il film è percorso da una costante aura cupa, la sceneggiatura dello stesso Perkins ci offre un film suddiviso in capitoli, l’agente Lee Harker (Maika Monroe) è una donna dotata di poteri psichici e queste doti le usa per risolvere i casi. Lee si ritrova a indagare assieme agli agenti Carter (Blair Underwood) e Browning (Michelle Choi Lee) su strani omicidi nei quali sembra che le vittime spalanchino letteralmente la porta al misterioso killer e poi si uccidano inspiegabilmente fra loro. Sulle scene del crimine viene ritrovata una strana lettera scritta in codice, un manoscritto che non sembra avere paragoni con alcuna lingua conosciuta, poco dopo l’agente Harker ricerverà strane visite da parte di una figura misteriosa che le lascia un biglietto di auguri e un altro sempre in codice. Perchè il codice sembra avere strane connessioni con la simbologia luciferina? Come fa il killer a non lasciare mai tracce? Il folle Dale Ferdinand Kobble (Nicholas Cage) soprannominato longlegs c’entra qualcosa con tutto questo o è solo un malato mentale da compatire? Il film ha una atmosfera molto cupa accentuata da una fotografia tendente al grigio, abbiamo davanti a noi un Nicholas Cage irriconoscibile e in ottima forma, un superbo trucco con la sua faccia bianco cadaverica e i suoi vestiti trasandati   è un personaggio molto originale, una sorta di “fool” satanico spesso psichicamente instabile. Kobble è un clown del male con tendenze pedofile, sadicamente ironico, un androgino istrione del male (Cage è ottimamente truccato e invecchiato a dovere) come viene ben rappresentato nella sequenza dentro al negozio di ferramenta dove importuna la ragazza dietro al bancone mostrandole inquietanti movenze da marionetta. Il volto di Cobble viene spesso nascosto o mostrato a metà come nella sua apparizione nell’incipit del film, dove la parte alta del volto viene appositamente ingnorata facendoci concentrare sulla sua bocca dalla quale escono sproloqui frasi a sfondo satanico. Cobble è il vero personaggio del mistero, di lui sappiamo poco o nulla,  ciò che sappiamo sono solo le accuse che la polizia muove contro di lui. Tutti i personaggi sono ottimamente caratterizzati, a partire dalla protagonista, una sensitiva-poliziotta che ha queste visioni mentali connotate dalla simbologia del serpente con un colore rosso quasi accecante che è una chiara allusione al satanismo, con questo male che alla fine uscirà a forza dalla sua testa. “Longlegs” sa essere un thriller-horror allucinante e raffinato sceneggiato per un pubblico esigente, potrebbe non essere un film alla portata di tutti, sicuramente non di un pubblico adolescenziale in cerca di horror a buon mercato. Un film di genere non facilmente inquadrabile, rientra sì nel panorama del thriller-horror ma porta dentro di se anche influenze derivanti da altri generi: crime, mistery, poliziesco, drammatico e quest’aura esoterico-satanica che gli dà anche un tocco di esorcistico. Lo stile della fotografia è gelido, grigio, tendenze che ben si adattano alle atmosfere del film, c’è questo male che letteralmente invade la mente delle persone, un filma che rivela via via i suoi misteri velo dopo velo tenendo sempre vigile l’attenzione dello spettatore, “Longlegs” cresce qualitativamente in maniera costante nel corso del suo svolgimento, fino a giungere ad una soluzione finale molto chiara e soprattutto originalissima. Un film che non lascia molto spazio a personaggi secondari, molto incentrato sul gruppetto di protagonisti: l’ispettore, la madre psicotica, l’ispettore che affianca la nostra agente, la madre disturbata è interpretata da Alicia Witt ed è un personaggio chiave nella sceneggiatura, un personaggio disturbato, una fanatica religiosa questo suo essere una psicotica bacchettona porterà fuori strada lo spettatore per quanto riguarda l’essenza del suo personaggio, che assume anche l’aspetto di un agnello sacrificale deviato. Un personaggio quello della madre anche violento, con improvvisi scatti d’ira, una donna che inizialmente ci viene mostrata come un personaggio quasi inutile, una donna confinata in una squallida casa in compagnia dei suoi fantasmi personali, ma in questo film niente è come sembra e questo è il bello del film, quasi nessuno è ciò che sembra. Anche la protagonista è sicuramente un personaggio fuori dall’ordinario, molto originale che si divide fra sensazioni extrasensoriali e indagini. Il personaggio dell’ispettore capo Carter (Blair Underwood) che è uno dei personaggi forse più ordinari, il classico uomo di ferro, il prototipo dell’ispettore americano pignolo e esigente, disposto sì ad ascoltare le ipotesi della protagonista ma spesso con delle riserve. Un film che gioca molte carte sull’atmosfera ma che sa anche virare sullo splatter nei momenti giusti, come nella sequenza dell’interrogatorio a Longlegs dove c’è un’esplosione di sangue e autolesionismo che sporca la protagonista, lo splatter giunge anche quando si scoprono i cadaveri, qui il regista non fa sconti mostrando cadaveri putrefatti pieni di vermi con particolari agghiaccianti, uno splatter mai in sovraddosaggio ma messo nei punti clou riuscendo nell’intento di inorridire. C’è un ottimo gusto per la composizione della scena e per il posizionamento delle luci, con questa cinepresa che inquadra ambienti spogli e desolanti ripresi in profondità di campo arricchita di queste luci  mai eccessive contrapposte alle visioni rosso shoking della protagonista. L’ambiente in cui si muovono i personaggi è spoglio e desolato mai si mostra la città viva e piena di vita, raramente vengono mostrati personaggi che non siano quelli principali, ci sono stranamente poche comparse, scenari con queste vie di periferia dove in giri non c’è quasi nessuno, poce macchine, pochi mezzi in strada, una periferia Americana desolata che mette addosso una certa angoscia.  Anche i jumpscare talvolta fanno capolino ottimamente posizionati ma c’è anche un altro aspetto inquietante, quello del feticcio, un feticcio quasi vudù,  queste bambole create da Kobble sono un un elemento originale, vere armi delle forze oscure e forze,  a fronte di tutti questi elementi la migliore definizione che potremmo dare di “Longlegs” è quella di thriller esoterico. 

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