REGIA: DONATO CARRISI
ATTORI: TONI SERVILLO, DUSTIN HOFFMAN, VALENTINA BELLÈ
REPERIBILITÀ: ALTA
GENERE: THRILLER-NOIR
ANNO: 2019
“L’uomo…” è un thriller-noir di Donato Carrisi scrittore e regista di successo per la seconda volta alla regia dopo l’altro thriller “La ragazza nella nebbia” anche in questo caso il regista gioca in casa sfornando un film tratto da un suo libro, si tratta di un thriller dalle atmosfere cupe e molto noir con un cast di alto livello, Tony Servillo (“Gomorra”, “La grande bellezza”) è Genko, un ispettore privato arrivato quasi alla fine dei suoi giorni, malato, stanco e disilluso, un personaggio tipicamente noir. Dustin Hoffman è il pacato dott. Green un personaggio cardine del film, colui che accompagnerà la protagonista nei meandri della sua menta a caccia di ricordi confusi, poi troviamo Valentina Bellè che interpreta Samantha, (“Dolceroma”, “La vita oscena”) la ragazza rapita un personaggio fragile in cerca di una via d’uscita sia dal labirinto del killer che dalla sua mente annebbiata.
Il film ha una sceneggiatura complessa e interessante, ricca di colpi di scena e con un bel ribaltone finale ma questa è anche involontariamente un arma a doppio taglio che rende il film un po’ difficile da seguire per lo spettatore medio (o distratto…) che dovrà prestare attenzione ai molti particolari e ai risvolti complessi di questa torbida vicenda. Samanta Andretti è una giovane che viene rapita da un maniaco, i genitori pagano l’ispettore privato Genko per ritrovarla, quindici anni più tardi la ragazza viene ritrovata e finisce in ospedale dove il Dott. Green deve scavare nella sua mente per trovare l’identità del suo aguzzino ma la ragazza è fortemente confusa e traumatizzata. Genko ormai è in fin di vita e riesce a rintracciare una chiamata anonima che lo avverte della presenza di Samantha in un bosco, la chiamata parla anche di un misterioso uomo mascherato da coniglio.
Genko si mette sulle tracce di Robin Basso un ragazzo mentalmente instabile che era stato a sua volta rapito, Genko riesce ad avere per le mani un fumetto apparentemente innocuo che nasconde messaggi satanici subliminali. Quale sarà il mistero del malefico coniglio che semina morte? Perche le identità di Basso e Macinsky si confondono? Noir e thriller si fondono in un film perennemente in bilico fra questi due generi, Genko è un personaggio 100% noir un individuo solo contro tutti e disilluso dalla vita, non ha paura di niente anche perchè sa di dover morire. Il labirinto in cui si perde la protagonista è un luogo in penombra sul quale il regista non si sofferma troppo mostrandoci solo il necessario rendendolo quasi un luogo metafisico, ci sono due labirinti, quello reale della segregazione e quello mentale dove la protagonista sembra perdere il lume della ragione confondendo tutti i suoi ricordi. Il dott Green sembra quasi una figura carontica, un traghettatore verso l’ignoto, un indagatore dei recessi della psiche, tuttavia in questo film niente è come sembra e la labirintica sceneggiatura ci porterà ad un bel ribaltone finale.
I personaggi sono ottimamente caratterizzati, la Bellè con la sua espressività riesce a donarci un personaggio fragile e profondo, un anima in pena in cerca di luce, le scenografie sono tutte cucite sui personaggi, lo squallido bar dove Genko prende informazioni dall’uomo deturpato è un luogo squallido dai muri sporchi e frequentato da gentaglia, il rosso, colore principale dell’appartamento della escort amica di Genko simboleggia il sangue e la passione, il monocromatico labirinto simboleggia l’inconscio. Il coniglio, elemento favolistico per eccellenza (“Alice nel paese delle meraviglie”) assume connotati demoniaci, la sua ombra si allunga sul pavimento, i suoi occhi bruciano, e le sue orecchie diventano come delle corna diaboliche, ottima l’idea dei messaggi subliminali nel fumetto che possono essere visti solo con un riflesso, d’altronde in questo film come ho già detto niente è come sembra.