MENOFILIA BY TADOLINI

MENOFILIA

Parafilia nell’eccitamento sessuale nei confronti delle donne nel periodo mestruale.

Si può manifestare attraverso l’impulso frenetico nell’odorare assorbenti intimi, lenzuola macchiate di sangue o mutande.

L’orgasmo nel caso di soggetti afflitti da questa parafilia, è possibile raggiungerlo solamente in presenza di mestruazioni del partner.

Il piacere viene stimolato anche dalla semplice immaginazione della presenza del mestruo nella donna, attraverso l’odore, il sapore.

In alcuni saggi medici, la menofilia viene associata al cannibalismo, alla coprofilia, ai rapporti sessuali nel fango, alla sporcizia.

 

Mi chiedevo sempre che sapore potesse avere la figa piena di sangue, un vero e proprio dilemma che mi ha sempre perseguitato fin da piccolo.

O meglio, fin da quando annusando un assorbente che mia mamma aveva gettato tra i rifiuti, ho avuto la mia prima erezione: un mix tra l’odore selvaggio di una figa infiammata e quello del sangue.

Da quel momento è stato come provare una droga letale di cui non puoi più farne a meno e ad avere il potere di capire quando la donna che hai davanti è nel suo momento.

Non mi definivo un essere così troppo diverso dal resto dei maniaci sessuali, io avevo appunto una parafilia non troppo comune, ma nemmeno troppo diversa da tanti altri che come il sottoscritto vagavano di notte alla ricerca di emozioni, piaceri, di qualcosa che facesse sentire vivi.

Ormai ero diventato un esperto di perversioni, cosa che se le raccontavi ad una persona comune non c’avrebbe mai creduto.

Chi si eccitava con la merda e il piscio, chi amava introdursi nel culo lunghi strumenti di gomma, chi si eccitava solo vedendo delle converse ai piedi delle ragazze e così via, tra gerentofili e amanti della morte.

Quando avevo quindici anni e ormai gli impulsi sessuali erano ben sviluppati, conobbi una ragazza a scuola con cui iniziai ad uscire .

La tipica biondina della porta accanto, lunghi capelli lisci, un corpo longilineo, occhi azzurri.

Ci piacemmo subito, entrando in perfetta sintonia e scambiandoci i nostri punti di vista.

Lei amava la violenza, si eccitava solo in questa maniera e aveva il corpo pieno di bruciature di sigaretta e lividi.

Ogni volta che la prendevo a schiaffi, puntualmente si eccitava e iniziava a giocare con la sua passerina ben depilata.

Si considerava malata, ma era felice di esserlo, non aveva la minima idea di cambiare.

Così ci scambiammo i favori e iniziai ad annusare i suoi assorbenti e mutandine impregnate della sua essenza di donna.

Mi masturbavo davanti a lei, costringendola a leccare tutto e prendendola a schiaffi.

Amavamo sperimentare fino al passaggio decisivo, ovvero il primo rapporto sessuale.

Non aveva paura del dolore, ma del fatto che ne aveva sentito parlare così tanto, che temeva di rimanere delusa o che anche lei si potesse eccitare solo con la violenza.

Io ormai ero consapevole del fatto, che potevo eccitarmi solo con l’odore delle mestruazioni, quindi aspettando il suo periodo del mese.

Fu una cosa imbarazzante per lei ed estremamente eccitante per me, avrei voluto vivere per sempre in mezzo a quegli odori così forti e a quel sangue.

Quando vedevo il flusso di sangue che scendeva in mezzo alle cosce macchiandomi il cazzo, mi sentivo forte, pronto ad affrontare qualunque ostacolo lungo il mio percorso.

Non ricordo nemmeno come si chiamasse quella ragazza, rimanemmo insieme per qualche mese, ma poi il tutto terminò con i miei tradimenti e le mie bugie.

Andando avanti con gli anni, queste fantasie si accentuarono ulteriormente, riuscivo a percepire immediatamente davanti a me la presenza di una ragazza alle prese con le mestruazioni.

Il cattivo odore delle ascelle, il malumore persistente e l’eccessivo pallore del viso erano tutti segnali che probabilmente era arrivato il momento giusto.

Quando frequentavo il college, conobbi una professoressa di storia americana che mi prese parecchio in simpatia.

A volte queste relazioni si possono creare e modestamente parlando ci sapevo fare, avevo un bel fisico e riuscivo a capire subito se davanti avevo una donna in cerca di attenzioni.

Passati i quarant’anni arrivano le incertezze, le paure, la bellezza che svanisce e ritrovarsi con un ragazzo con la metà dei tuoi anni può risultare una cosa eccitante e pericolosa nello stesso tempo.

La signora Fox, ormai divorziata da anni, amava farsi vedere: gran culo sapientemente mostrato attraverso gonne strette appena sopra il ginocchio, non troppo audaci ma utilizzate per far risaltare quelle belle chiappe e un seno molto strabordante, racchiuso a stento in camicette molto strette.

Lunghi capelli biondi e occhi marroni, contornavano uno splendido viso che l’arrivo delle prime rughe non lo penalizzava affatto.

La provocavo pure io, avendo ormai capito che le piacevo, e che avrebbe voluto fare pure lei un esperienza fuori dal comune, tornando ad essere desiderata da qualcuno più piccolo di lei, entrando quindi in competizione con ragazze della mia età.

Ma avrebbe dovuto essere uno scambio equo, ovvero dovevo guadagnarci qualcosa pure io, e spesso osservando quel culo così desiderato da tutta la scuola, mi chiedevo quale sarebbe stato il suo odore con un assorbente impregnato di sangue.

Durante la prova scritta, produssi un elaborato pieno zeppo di frasi sessiste, in maniera tale da farle risvegliare l’interesse verso il proibito.

Quando mi convocò nel suo ufficio, capii che avevo centrato il bersaglio, aveva un odore selvatico, innaturale, che a stento tentava di nascondere con del profumo, che invece ne esaltava ancora di più la sua essenza di selvaggio.

Non ho mai capito, tutta la riservatezza che le donne hanno in merito a questa fase della loro esistenza, come se se ne dovessero vergognare, di una cosa naturale.

Se ne stava seduta sulla sedia, lo sguardo perso nel vuoto, come se fosse ancora indecisa se farsi avanti, oppure se andare incontro al suo codice etico, che ovviamente le proibiva di avere relazioni con un suo studente e per giunta minorenne.

La feci sentire importante, desiderata, donna, dapprima con estrema dolcezza baciandole il collo, poi sbottonandole la camicetta, iniziando a baciarle quelle grosse tette, che sono sicuro ogni studente fantasticava di poter perlomeno vedere.

Sapeva di non poter avere un rapporto integrale, a causa del suo periodo, quindi cercò di fare qualcosa per me, ovvero un blow job.

L’immagine era molto bella, la porta chiusa a chiave con le tapparelle tirate giù, il sole che entrava lieve dalla finestra, dove si poteva sentire il gran vociferare che veniva dal cortile.

E lei, bella con i capelli sciolti, che cercava di succhiarmelo, ma non mi si rizzava, non c’era verso, ormai avevo solo quella cosa in mente, dal primo momento che ero entrato dentro l’ufficio ed avevo scoperto il suo segreto.

Lo bagnava con la saliva, lo accarezzava con le labbra, ma ci voleva ben altro per potermi stuzzicare il desiderio.

Ormai, giocavamo a carte scoperte, tutti e due rischiavamo tanto, quindi volli essere sincero e le confessai il mio segreto nascosto, la mia parafilia.

Aveva una voglia dannata di scopare, quindi pure lei non si fece il minimo problema e glielo ficcai nella sua figa impregnata dei suoi umori, mescolati al flusso mestruale.

Una delle scopate che mi ricorderò per tutta la vita, e continuammo il nostro rapporto, con fitte scopate durante il suo periodo, e io che mi dovevo prestare ad effusioni orali mentre invece non l’avrei mai toccata.

Filmavo tutto, e mi masturbavo con frenesia, avevo scoperto un’altra ossessione, quella dell’osservare, dello spiare.

Poi la signorina Smith, incontrò un altro ragazzo meno complicato di me, che la penetrava in ogni orifizio del suo corpo tutti i giorni, e lei non ne volle più sapere di me.

Non avevo il minimo problema nell’incontrare nuove ragazze, con cui fare delle esperienze, avevano una voglia pazza di accoppiarsi, di scopare in ogni posizione, come cagne in calore, ma si spaventavano quando gli facevo presente che l’unica maniera per eccitarmi, era quella di poter odorare le loro mutandine con la fragranza mestruale.

Continuavo a frequentare pornoshop, e a circondarmi di disperati come me, andavo con le prostitute che puntualmente o mi ridevano in faccia alla mia richiesta, oppure non mi potevano accontentare, facendomi sentire ancora più solo e senza senso.

La soluzione era quella di poterle comprare, ovvero agire con quelle puttane, che nessuno avrebbe mai toccato e pagato in vita sua.

Quelle che avevano bisogno di mangiare, disperate dell’est senza arte né parte.

Le recuperavo nelle zone periferiche della città, inghiottite dal vuoto nero che questa città ci può ammantare, regalandoci una patina ancora più maggiore di vuoto e tristezza.

Nella zona del luna park, c’erano tutte queste serie di piccole prostitute dell’est, quelle costrette dalla famiglia a vendere il proprio corpo, a vecchi pervertiti attratti dalle bambine.

Una cosa disdicevole, considerando che non provavo nessuna attrazione verso quelle con la figa ancora puzzolente, e nemmeno sviluppata.

Perlopiù sbrigavano lavori di bocca, possibilmente inghiottendo il seme del vecchio bastardo di turno, ma non sempre era possibile realizzare i miei desideri.

Un giorno trovai una ragazza con chiari tratti latini, dallo sguardo perso nel vuoto, quasi assente, come se avesse inghiottito un litro di cloroformio.

Parlava a stento, con frasi interrotte a metà, ed era molto denutrita, emanava cattivissimi odori, segno di un igiene totalmente trascurata.

Mi fece segno con la mano indicandomi venti dollari, per la sua prestazione.

Glieli diedi senza problemi, probabilmente anche a condizioni normali, perché mi faceva pena.

Si chinò, muovendo la lingua avanti e indietro, facendomi capire che bisognava sbrigarsi e che dovevo tirare fuori il mio membro.

Le parlai, facendole presente quello che avrei voluto, senza bisogno di penetrazione, solo odorando la sua biancheria, nella speranza appunto che avesse il ciclo.

Si abbassò i leggings, non indossava niente, come se indossare delle mutande, fosse qualcosa di troppo, che per la sua professione non era importante.

Una figa arrossata dalle troppe penetrazioni, totalmente rasata che contrastava appunto con la sua immagine non troppo curata.

Le feci cenno di no, non era questo quello che cercavo con così tanta ostinazione, per paura che volessi indietro i miei soldi, si girò appoggiando le mani contro il muro.

Con le mani allargava le sue chiappe, mostrandomi il buco del culo, già abbondantemente penetrato come si poteva dedurre dall’arrossamento centrale.

Niente di più rivoltante, ero sicurissimo che data anche l’inesperienza qualche sfortunato oltre che a tirar fuori il suo cazzo, si portava a casa anche una spalmata di merda sul prepuzio e qualche malattia venerea.

Continuai a fare cenno di no, possibile che non mi capisse, eppure non mi sembrava di chiedere qualcosa di così strano.

Una prostituta di nemmeno tredici anni, ne avrà conosciuti di clienti bizzarri.

Raccolse da terra un coccio di bottiglia e si lacerò la figa, un gesto estremo che faceva capire la perdita di ogni minimo interesse verso la vita.

Non appena vidi uscire il sangue, ebbi un sussulto, vedere la fuoriuscita di quel liquido direttamente dalla sua bocca dell’amore, me lo fece diventare duro.

Non era così diverso da quelli che si eccitano vedendo il loro liquido impregnare il loro organo sessuale.

Una carica improvvisa di desiderio, mi prese tutto d’un colpo e me la sbattei davanti e dietro, mi sentivo importante con la convinzione che lei si fosse ferita, avesse compiuto quel gesto così estremo, non per soldi, ma per la voglia di essere scopata da me.

Nonostante la giovane età sembrava già non sentire quasi niente nella figa, spingevo sempre più a fondo, ma vedevo solo il suo sguardo privo di qualsiasi contenuto, passivo, come se fosse un gesto meccanico, ormai abituata a quelle situazioni.

Volevo anche scoparle il culo, ma venti dollari per lei equivalevano ad una penetrazione, ma ormai avevo perso ogni codice morale, la girai con la forza e glielo sbattei in mezzo a quelle chiappe sode, schiaffeggiandole adeguatamente.

Un grido di dolore, mi fece capire che forse ero stato troppo irruento, le dicevo cose volgari, sconce, che si dicono solo alla peggiore delle puttane.

Non avevo mai provato queste sensazioni, mentre lei iniziò a parlare nella sua lingua in maniera sempre più forte, come se volesse avvertirmi di qualcosa.

Una sensazione come di un liquido che scorreva direttamente dal suo culo, forse voleva significare il fatto che avrebbe avuto un attacco di diarrea fulminante.

Ritrassi immediatamente il mio membro, completamente sporco di merda.

Oltraggiato dal suo liquido interno più schifoso, la feci inginocchiare costringendola a succhiarmelo.

Subito, un violento scroscio di vomito mi investì, segno che avevo oltrepassato ormai la linea di confine, nonostante tutto avevo ancora il cazzo in perfetta erezione e una nuova pulsione distruttiva verso la mia vittima sacrificale.

Era finalmente arrivato il momento di andare avanti, nell’esplorazione del desiderio più nascosto, proibito, quindi le cinsi la testa con un sacchetto di plastica, stringendolo con forza e osservando attentamente il suo giovane viso che si sformava assumendo i contorni della plastica.

Dopo qualche minuto, venni in maniera naturale, un liquido mescolato con sangue e merda.

Quando le tolsi la protezione alla testa, non dava più segni di vita, avevo posto fine alla sua ridicola vita, conoscendomi ancora più a fondo, e capendo che avevo finalmente toccato il picco estremo che avessi mai potuto desiderare.

Ora non si poteva più tornare indietro, non c’era più speranza né salvezza.

Il mio interesse sessuale verso il flusso mestruale, era integrato dalla morte per asfissia.

Gettai il corpo ancora nudo e sporco di merda, nella scarpata che costeggiava il luna park, l’avrebbero trovato dopo parecchio tempo, parzialmente divorato dai vermi e senza più identità.

La sua famiglia non avrebbe mai denunciato la scomparsa, visto che quasi sicuramente la costringevano a prostituirsi.

Non avevo il minimo rimorso, anzi ero orgoglioso di me stesso, e non feci niente per reprimere i miei istinti sessuali.

L’unica cosa era quella di non buttarsi a casaccio, ma colpire nel modo giusto, persone senza identità, quelle che nessuno avrebbe mai rintracciato.

Avvertire la necessità di uccidere, sentire la vibrazione e la motivazione giusta, l’ispirazione era quello che mi differenziava da un qualsiasi maniaco sessuale.

L’America ne era piena, poteva essere il comune vicino di casa, così come il migliore amico, non possiamo mai sapere tutto di una persona che conosciamo.

Io ne ero la prova.

La sera vagavo senza una meta ben precisa, alla ricerca di qualcosa di concreto che mi potesse far sfuggire dal grigiore della vita quotidiana.

Odiavo la routine, odiavo la vita, l’unico momento in cui mi sentivo importante era quello che mi permetteva di poter disporre della vita degli altri, a mio piacimento, l’idea che la potessi far terminare da un momento all’altro mi eccitava da pazzi.

L’estate era una delle più calde che si potesse ricordare, un clima torrido che letteralmente trasformava le persone, sprigionando i loro istinti più nascosti.

La metropolitana era aperta fino alle due di notte, per favorire il flusso dei turisti, permettendo l’accesso verso la vita notturna senza il problema del mezzo di trasporto.

Vagavo di notte, alla ricerca di una possibile preda, mosso dall’istinto del predatore, dalla passione e dal desiderio sessuale.

Sapevo perfettamente che la cosa poteva andare avanti per parecchio tempo, non c’era nessuna certezza, però dovevo essere pronto a colpire nel caso avvertissi l’esigenza di dominio.

C’erano tutti i reietti dell’umanità: tossici, ladri, prostitute, ragazzi che cercavano un possibile rifugio per sentirsi meno diversi dagli altri ed essere accettati .

Il mio regno era l’ultima corsa, mi piaceva follemente il senso che poteva essere veramente l’ultima destinazione per qualcuno di loro, e l’umanità era ben delineata.

Intorno a me c’erano punk con capelli colorati e con oggetti metallici inseriti in ogni parte del corpo.

Erano selvaggi come me, un po’ li invidiavo giovani e ribelli, senza nessuna morale, magari però tra qualche anno le cose sarebbero cambiate per loro, un lavoro normale, un look classico e una famiglia con una casa dalle staccionate bianche e dal giardino ben curato.

In mezzo a questo sottobosco underground, più avanti seduta in disparte con lo sguardo sognante che osserva il buio della galleria fuori dal finestrino, una giovane ragazza .

Bionda, molto formosa, vestita con pochi stracci che mettono in risalto la sua femminilità veramente molto spiccata.

Non ha la minima considerazione verso chi gli sta intorno, è persa nei suoi pensieri, chissà cosa starà sognando, probabilmente un futuro migliore, un bambino, un uomo che la possa tirare fuori da un presente poco felice?.

Mi piace, ha veramente un bel corpo.

Scende alla fermata che porta direttamente nella zona periferica della città, quella del vizio, della corruzione, dei locali notturni meta di gente disposta a tutto pur di sentirsi viva.

La seguo a piedi, non si volta mai indietro, sembra sicura di sé, e soprattutto non ha il minimo timore di andare in giro vestita in quella maniera.

Prosegue dritta verso un vicolo strettissimo, un tremendo fetore mi investe, come se una moltitudine di disperati si fossero dati appuntamento per cagare insieme in quella stradina.

In fondo alla via, una luce al neon difettosa che si accende ad intervalli irregolari, Red lights, tits and pussy .

Niente di più esplicito, probabilmente la ragazza è una comunissima spogliarellista che si esibisce in quel locale malfamato.

Entro, solo dieci dollari, e soprattutto senza il bisogno di esibire documenti.

I buttafuori mi accolgono sorridendo, come se fossero contenti della mia presenza.

Il locale è deserto, ma la cosa non mi stupisce per niente, non ne avevo mai sentito parlare, e soprattutto è molto trascurato, a cominciare dalla sporcizia della strada, alla collocazione in una via poco raccomandabile e ad un insegna difettosa.

La musica è di dubbio gusto, un suono metallico troppo invasivo, che sicuramente non crea atmosfera e non mi mette a mio agio.

Sul palco entra la bionda, in biancheria intima, ovvero con un ridottissimo perizoma nera, da cui si può intravedere la perfetta rasatura intima e anche il buco del culo, oltre che a due seni molto prosperosi, figli sicuramente di un operazione chirurgica e di un gran paio di chiappe.

Mi sorride maliziosa, quasi come se fosse contenta che io sia l’unico cliente della serata.

Mi dovrei sentire importante, perché l’esibizione è solo per me, niente apparentemente è così semplice.

Le metto dentro il costume un bel biglietto da venti dollari, si avvicina a me, sussurrandomi la parola privee.

Una richiesta, abbastanza comune, l’accento è straniero, da paese dell’est.

Immagino, una storia abbastanza classica, la tipica bellezza del paese, circuita da qualche americano in vacanza per poi essere abbandonata in un paese estero, senza lavoro e magari senza documenti.

Ha sfruttato la sua bellezza e si è trovata a vendere il suo corpo, apparentemente sembra soddisfatta, ma sicuramente sogna un altro futuro per se stessa.

Io sono qua per interrompere le sue sofferenze, e per porre fine a tutto compresi i suoi sogni di cambiamento.

Chiudo gli occhi, e immagino già di squartarla, di inserire le mie mani dentro la cavità toracica, di scoparle anche le budella.

Immagino di annusarle le mutandine, e di sentire l’odore del flusso mestruale che sta entrando in circolo, sarebbe davvero troppo bello.

Mi prende la mano, conducendomi verso un corridoio con una luce rossa al neon sparata dritta negli occhi, anche questa a corrente alternata, in maniera irregolare e che mi mette un profondo disagio addosso.

Il pavimento è sporco, macchiato, con precisi segni di usura sul muro, che accresce ulteriormente la sensazione della cosa squallida che verrà consumata all’interno della stanza.

La stanza è arredata in maniera minimale, senza una precisa cura, pareti bianche, una sedia posta al centro, in maniera simmetrica alla porta d’uscita.

Mi fa sedere, facendomi cenno con la mano sinistra che dovrò aspettare due minuti.

Mi guardo intorno, c’è una telecamera circolare, collocata in alto sulla sinistra, che mi fa capire che dovrò aspettare l’uscita dal locale della troia, per poterla uccidere.

Niente di troppo strano, ci saranno gli addetti alla sicurezza che vigileranno che quello che succederà all’interno della stanza, non sia pericoloso per l’incolumità della ragazza.

Finalmente la porta si apre, la troia inizia a muoversi sinuosa avanzando lentamente verso di me.

L’inizio dello spettacolo nella più classica delle maniere.

Inizio a palpeggiarla, in ogni parte, e inizio a percepire l’odore del sangue, che mi provoca una pronta erezione.

Mi sembra una cosa troppo bella per essere vera, si abbassa pronta a somministrarmi il più scontato dei blow job.

Chiudo gli occhi, sognando e cercando di non farmelo ammosciare con l’immagine di lei svuotata dei suoi organi e io che lo infilo dentro il suo stomaco aperto e prontamente sezionato.

Un dolore lancinante mi invade colpendomi improvvisamente, sento il liquido che esce direttamente dal mio cazzo, perforato da due estremità ben affilate, come dei grossi aghi che bucano qualcosa di morbido affondando il colpo sempre più in profondità.

Con la mano sinistra blocco il flusso del sangue, cercando di capire quello che sta succedendo, la troia si accanisce sul mio membro, come un predatore famelico, alla ricerca della preda di cui saziarsi.

La sua pelle sembra aggrinzita tutto d’un colpo, parente lontano dello splendido corpo perfettamente abbronzato che avevo conosciuto pochi minuti prima.

Solleva lo sguardo verso di me, le pupille degli occhi sono bianche, inespressive, mentre i contorni della bocca hanno assunto la forma come di un ghigno beffardo, quasi di scherno nei miei confronti.

Cerco di togliermela di dosso, ma sembra avere una forza disumana, che non avevo mai visto precedentemente.

Continua a succhiarmi il cazzo, ma dilaniandolo letteralmente, sento la carne che si stacca e il fiotto di sangue stile geyser che le imbratta il viso, regalandole tratti ancora più disumani.

Non ho più forze per oppormi, ormai il membro è ridotto ad un misero moncherino che si regge ad un esile filo, attaccato in maniera disordinata e senza un preciso ordine.

L’essere si avvicina, osservandomi e odorandomi, cercando di capire quale altro pezzo del mio corpo può essere di suo piacimento.

Ha un alito che puzza letteralmente di merda, e la pelle sembra essere improvvisamente ringiovanita, quasi a renderle dei connotati umani, se non fosse per quell’odore nauseante che sprigiona e per il corpo macchiato di sangue.

Mi sorride, noto che al posto delle mani ha due artigli acuminati, con quello sinistro finisce per staccarmi quello che rimaneva del mio cazzo, lo osserva minuziosamente e me lo inserisce a forza in bocca, mandandolo avanti e indietro.

Le vomito addosso, come l’estremo tentativo di affermare il mio status di essere umano, si lecca tranquillamente tutto il liquido interno che le ho sputato addosso.

Con la mano sinistra mi tocca lo sterno, come a voler cercare un punto più molle per poterlo penetrare.

Inserisce la sua mano e mi perfora lo stomaco, strappando tutto quello che può afferrare per cibarsene davanti a me, lasciandomi poi a terra come un corpo senza più dignità e senza un preciso orientamento sessuale.

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