REGIA: IVAN SILVESTRINI
ATTORI: KATRINA BOWDEN, BRANDON JONES, DAMON DAYOUB
REPERIBILITÀ: ALTA
GENERE: SURVIVAL THRILLER
ANNO: 2016
“Monolith” è il frutto di una produzione italo-americana per la regia di Ivan Silvestrini, (“Stuck-the chronicles of David Rea”, “Come non detto”) sono rare di questi tempi le collaborazioni fra Italia e America per quanto riguarda il cinema di genere ormai praticamente scomparso dal territorio italiano, e certamente questo film è una gradita sorpresa. Il soggetto scritto dal fumettista Roberto Recchioni (un grande autore che ha lavorato per testate storiche come Dylan Dog e Diabolik) narra la vicenda di Sandra (Katrina Bowden) “Scary movie 5”, “47 metri”, “Nurse, l’infermiera”) e di suo figlio David (Krew e Nixon Hodge) i due sono in viaggio verso la casa dei nonni paterni a bordo di una vettura futuristica dotata di ogni genere di comfort e tecnologia, può guidare da sola, si chiude a comando se viene attaccata, resiste praticamente a ogni urto ed è dotata di un’intelligenza artificiale di alto livello sostanziata da un computer di bordo. Durante il tragitto la donna (ex cantante di un gruppo pop) scopre in maniera fortuita che suo marito la tradisce probabilmente con la sua amica ed ex “collega musicale”. Arrabbiata e piena di dubbi prosegue il suo viaggio fino a quando ha un incidente per aver investito un animale che attraversava la strada. Il computer di bordo si rivelerà fin troppo intelligente e quando il bambino rimasto solo in auto farà scattare le chiusure automatiche smanettando col cellulare sarà l’inizio di una situazione survival in pieno deserto. “Monolith” è un survival-thriller (anche se l’ago della bilancia punta più sul primo genere) che scorre bene fino in fondo, la fotografia di Michael Fitz Maurice sfrutta appieno gli spazi aperti del deserto con la sua luce abbagliante, sicuramente azzeccata l’attrice protagonista Katrina Bowden che da moglie tradita può trasformarsi in agguerrita final girl sfoderando una forza d’animo inaspettata. Una sceneggiatura semplice con pochi personaggi in scena, a ben guardare Sandra pare essere l’unico personaggio reale in quanto l’amica e il marito si presentano solo come figure in uno schermo in videochiamata, in questo c’è probabilmente una critica verso una società sempre più spersonalizzante e attaccata a doppio filo ad una tecnologia che può rivelarsi un arma a doppio taglio. Il potente computer di bordo si chiama Lilith, un nome derivante dalla mitologia e che incute timore, un demone femminile portatore di disgrazie e di morte, quindi un nero presagio di ciò che avverrà non appena madre e figlio saliranno a bordo. La donna sembra essere l’unico personaggio reale in una vicenda dove gli altri personaggi sono assolutamente di secondo piano pur svolgendo un loro ruolo determinante soprattutto per quanto riguarda le ansie e le decisioni al volante, Sandra è una donna che rimpiange un po’ la sua libertà perduta con l’arrivo del figlio, come d’altronde viene esplicitamente fatto notare con la sequenza delle ragazze in bagno di cui la protagonista ascolta il dialogo e invidia le ragazze. Tuttavia poco dopo avviene un cambiamento di prospettiva rapido, si accorge che le ragazze altro non sono che delle stupide maleducate, il suo è quindi un personaggio in bilico che alla fine sceglie sempre la giusta prospettiva. “Monolith” è un gradevole film on the road che pur non avendo una sceneggiatura particolarmente articolata si lascia guardare fino in fondo, un film che però si esaurisce in una visione one shot come molti altri survival in circolazione. L’elemento sci.fi è unicamente caratterizzato dalla supermoderna autovettura che dà il titolo al film, un nero monolite tecnologico da aprire immerso in un territorio arido, quindi Sandra deve affrontare principalmente 2 nemici: l’auto e la natura desertica con i suoi animali selvaggi, natura-tecnologia in un binomio contrastante e interessante per una doppia sfida. “Monolith” è un film dalle dinamiche abbastanza prevedibili ma incalzante nel ritmo, sicuramente è segno che se volessimo qualcosa di buono il cinema italiano lo potrebbe fare grazie a qualche amico oltreoceano.