NEL TEMPIO DEGLI UOMINI TALPA

REGIA: VIRGIL W. VOGEL

ATTORI: JOHN AGAR, HUGH BEAUMONT, ALAN NAPIER, NESTOR PAIVA

REPERIBILITÀ: MEDIA, SI TROVA IN DVD 

GENERE: SCI-FI

ANNO:  1956

DISTRIBUAZIONE ITALIANA: UNIVERSAL

Il mito della terra cava, l’idea fantastica che all’interno del nostro pianeta si celi un altro mondo sotterraneo ha sfiorato spesso la fantasia di molti studiosi abbracciando ambiti diversi fra loro: mitologia, religione, geografia, nazismo esoterico, questo b-movie parte proprio da questa leggenda (citando anche  studiosi realmente esistiti come il controverso Cyrus Teed) si parte con una introduzione (cosa ricorrente nei b-movie anni 50-60) del professor Baxter che ci ragguaglia sul mito del re sumero Sharu. Pare che il monarca sumero sia sfuggito al diluvio universale rifugiandosi su una montagna e da lì sia sceso nelle viscere della terra assieme alla sua corte per dar vita ad un regno sotterraneo fatto di uomini che progressivamente si sono adattati all’oscurità.

Un gruppo di archeologi parte per una spedizione composta da quattro elementi, giunti sul posto cominciano una dura scalata che li porterà in cima alla vetta dove troveranno le rovine di un tempio. A causa dell’apertura improvvisa di un crepaccio il gruppo si ritroverà dentro la montagna impossibilitato ad uscire, intrappolato in un posto buio e sconosciuto, i nostri esploratori verranno osservati da mostruose presenze non umane fino a giungere ad una mitica fortezza abitata da adoratori di Ishtar. Gli esploratori verranno in contatto con una civiltà affascinante ma piuttosto ostile che gli scambia per emissari degli dèi, si troveranno intrappolati in un mondo arcaico fatto di regole sconosciute e schiavismo nel quale gli adoratori della dea usano i poveri e mostruosi uomini talpa (mostri con tanto di artigli, capaci di scavare nel duro terreno per aprirsi varchi) per i loro scavi. Come riusciranno i nostri eroi a riemergere fra i terrestri? “Il tempio…” è un b-movie che diverte facendo riflettere sulle differenze culturali e di etica, gli antichi abitanti delle profondità sono il riflesso di com’era la società umana in tempi remoti, superstiziosa, schiavista e permeata dall’adorazione di potenti divinità, in questo senso la dea Ishtar non è altro che una luce proveniente dall’alto, la luce che gli uomini dell’abisso non sono più abituati a vedere e quindi temono.

Il tema della luce è interessante, la luce è simbolo di conoscenza per eccellenza, qui invece assistiamo ad un paradosso, la luce che ironicamente tiene nelle tenebre dell’ignoranza il popolo e i sacerdoti. la sceneggiatura è stata scritta da Laszlò Gororg sceneggiatore austro-ungherese il quale nel 45′ ha co-scritto “The affairs of Susan” che gli valse una nomination per un Academy Award come migliore storia. Gorog infatti lavorò per altri progetti cinematografici affini come genere “Il tempio…” come: “The land Unknown“, “Earth vs the spider” (quest’ultimo è un animal horror) si vede subito l’alto budget messo a disposizione della mitica Universal, (più recisamente da William Alland, il quale curò la sceneggiatura del classico animal horror “La mantide omicida” di Nathan Juran.) La fotografa di Ellis Carter mette in evidenza le belle scenografie dipinte, vere opere d’arte che donano al fil un toppo onirico, in certi casi infatti le inquadrature rendono (grazie a questi scenari dipinti) la scena simile ad un quadro, in sostanza “Il tempio…” ingloba diversi generi: sci-fi (sostanziato dalle creature mostruose) avventura, fantasy in un mix a mio avviso ben riuscito nel quale ogni elemento non sovrasta un altro.

Il tempio, le scenografie dipinte, le sequenze ad alta quota, i manufatti e i costumi (che ricordano un po’ i peplum grazie ai sandali e le tuniche dei devoti di Ishtar) tutto fa pensare ad un grande sforzo produttivo, un film sicuramente innovativo per l’epoca, il ritmo è incalzante, la vicenda scorre bene, i pericolosi uomini-talpa schiavi sono in linea (per quanto riguarda il make up) con i classici monster movie anni ’50 (tipo “Il mostro della laguna nera”). Il tempio è molto (se mi passate il termine) retro-futuristico con l’effige del fulmine-occhio di Ishtar. Il primo contatto fra i terrestri e gli uomini del sottosuolo ha lo stesso risultato degli incontri fra alieni ed uomini nei vecchi fantahorror, il diverso visto come elemento ostile col quale sembra impossibile comunicare, il film sembra riformulare l’antica domanda “Siamo soli nell’universo?” con “Siamo gli unici abitanti di questa terra?” un film apparentemente superficiale che invece pone lo spettatore davanti ad un confronto culturale estremo, gli uomini di superficie hanno modo di osservare una società primitiva dal vivo rimanendo culturalmente scioccati, dovendo stare attenti a come si comportano per non venire uccisi.


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