SPECCHI INFRANTI BY RICCI CAP 28-29

Capitolo 28

 

Nicola Morico si trovava seduto di fronte a Rebecca Brone. La donna, era intenta a mescolare un mazzo di carte, dopo aver praticato uno strano rito con la cravatta di Lorenzo. Le dispose sul tavolo e iniziò a girarne una per volta. Sorridendo, alzò lo sguardo verso l’anziano che la osservava in religioso silenzio, dicendogli che sarebbe mancato poco per avverarsi ciò che più desiderava. Alzatasi, prese un paio di forbici e dopo aver tagliato un pezzo di cravatta, gliela consegnò, raccomandandosi di tenerlo sempre con se. Dopo averla pagata e salutata, l’anziano uscì dall’appartamento felice. Rebecca lo guardò allontanarsi dalla finestra. Prese in braccio il gatto nero accarezzandolo dolcemente. La fissazione di quell’uomo per Lorenzo, l’avrebbe arricchita. Adesso doveva solo farsi venire un’altra buona idea, e soprattutto agire con prudenza.

 Capitolo 29

 

Il commissario Baldoni si era recato in ufficio presto. Da quando aveva iniziato a seguire quel caso, faticava a dormire. Ci pensava continuamente, cercando di mettere insieme tutti i pezzi per comporre il puzzle. Niente gli diceva niente. Resistette un paio d’ore, poi uscì, dopo aver dato alcune direttive agli agenti in servizio. Anche passeggiando per le vie della città, continuava a pensare. Un pericoloso maniaco aveva già ucciso tre persone, e probabilmente presto sarebbe tornato a colpire. Perché odiava così tanto Lorenzo Torri? Soprattutto, perché non colpire direttamente lui, invece che uccidere chi gli ruota intorno? Per farlo soffrire. Questo era ovvio, ma allora doveva esserci un valido motivo per mettere in piedi una vendetta così crudele? Come poteva Lorenzo Torri, non avere neppure una minima idea su chi potesse avercela con lui? Forse non diceva tutta la verità. Magari la sua vita privata non era così irreprensibile come voleva far credere. Si fermò a leggere una scritta sul muro di un palazzo. “Siamo tutti delle marionette e a tirare i fili sono le nostre emozioni”. Sorrise, pensando a quanto ciò fosse vero, poi la mente tornò subito a Lorenzo Torri. Se avesse messo in piedi lui stesso tutta la faccenda, per pubblicizzare il film? No… era un idea folle… anche se aveva imparato in anni di lavoro, che spesso eliminato l’impossibile, quello che restava era la verità. Amava quella citazione di Conan Doyle dal “Mastino di Baskerville”. Se ricordava bene, l’aveva usata anche Dario Argento in un suo film, dove uno scrittore perseguitato da uno psicopatico assassino, risultava essere lui stesso il maniaco. Se con Lorenzo Torri stesse accadendo la stessa cosa? Se a forza di film horror, qualcosa nella sua mente si fosse spezzato? O se quella catena di omicidi apparentemente insensati, non volesse nasconderne uno motivato? Magari una sua personale vendetta? No… era una cosa che non stava in piedi. Aveva visto anche lui, la sofferenza provata per l’omicidio di sua cugina. O l’angoscia per l’aggressione al suo amico. La verità stava da un’altra parte… sì, ma dove? Preso da quei pensieri, fece un salto allo squillo improvviso del cellulare. Sul display, apparve il nome di Torri. Il regista, lo avvisava che il suo assistente si trovava in ospedale, dopo che una macchina aveva cercato di travolgerlo, appena uscito da casa.

Quando arrivò, si trovò nel pieno di una sfuriata. Mara, la ragazza di Saverio, era fuori di se. “Basta con questo film! Tre donne uccise… e adesso il tentato omicidio a lui! Che cosa aspetti a fermare le riprese… cosa?”, gridava in direzione di Lorenzo, che in silenzio stava a testa bassa. Un’infermiera entrò, pregando di abbassare la voce. La ragazza chiese scusa. Prima a lei, poi al regista, rendendosi conto di avere esagerato. Anche Saverio, disteso dolorante sul letto, prese le difese di Lorenzo, dicendo che non era colpa sua. Stavolta, il tono non era mellifluo come sempre. Quelle parole sembravano sincere. “Io non sto dicendo che la colpa sia sua… ma questo pazzo ce l’ha con chi lavora nel film… quindi credo sia meglio…”, Lorenzo la interruppe. “No Mara… non è così. Solo Simona era legata al film. L’altra ragazza e mia cugina non centravano nulla. E neanche Gianni.” “Chi è Gianni?” “Un mio amico, che è stato aggredito una sera.” “Ah bene! Comunque anche se il film non è il motivo principale, è indubbio che ce l’abbia con te!” “Questo lo so Mara… ma cosa devo fare? Ditemelo voi… perché io non lo so più. Me lo dica lei commissario… chiudo con il film? Sarà sufficiente per far smettere questo pazzo assassino?” “Quanto manca alla fine delle riprese?” “Un paio di giorni, poi entriamo in post produzione”. “Che cosa sarebbe?”. Saverio sorrise e rispose al posto di Lorenzo. “Il montaggio di tutte le scene, l’aggiunta delle musiche e degli effetti speciali… il doppiaggio”. “Zitto Saverio… non stancarti”, disse Mara. Si avvicinò al ragazzo dandogli un bacio, poi presa la borsa salutò i presenti andandosene. Lorenzo, la seguì fuori della stanza, chiedendole se ce l’avesse con lui. “Assolutamente no… è solo che ho avuto tanta paura per Saverio. Io lo amo tanto, anche se… beh, non importa. Ciao Lorenzo, torno a trovarlo domani”. Il regista, rimase alcuni istanti interdetto. Che cosa voleva dire con quel “anche se”? Aveva forse capito che Saverio era così meno limpido di come voleva far credere? Tornato dentro la stanza, ascoltò lo svolgersi dei fatti che il giovane esponeva al commissario. Poco dopo anche loro lo salutarono per non stancarlo troppo e lasciarlo riposare. Fuori dall’ospedale, per l’ennesima volta Baldoni domandò al regista se gli fosse venuto alla mente qualche nuovo particolare che potesse aiutare le indagini, pur conoscendone già la risposta negativa.

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