Capitolo 38
“D’accordo Gianni, ci vediamo tra quindici giorni… comunque sono felice dei tuoi nuovi progressi.” “Si, è vero dottoressa… mi sento davvero bene… se solo non fosse per tutto quello che sta accadendo a Lorenzo.” “Te l’ho già detto… devi cercare di staccare la mente da questa brutta storia. Puoi stare vicino al tuo amico, ma non devi farla diventare una tua ossessione… mi raccomando Gianni… è importante.” “Va bene… stia tranquilla… adesso la saluto, so che ha un nuovo paziente in arrivo.” “Si… come ti dicevo prima, mi ha chiamata l’altro giorno. Ogni volta che ho un nuovo caso, sono sempre un po’ agitata”. “Non deve… lei è bravissima… avrà ottimi risultati anche con questo”. “Sei gentilissimo… grazie”. Lo salutò e chiuse la porta. Sentiva la necessità di restare qualche minuto sola. Si sedette alla scrivania, massaggiandosi le tempie con i polpastrelli per alcuni secondi. Era un piccolo gesto che riusciva a rilassarla tantissimo. Il primo colloquio era fondamentale. O acquistava la fiducia del paziente subito, o non l’avrebbe più rivisto. Non era il fatto di avere un cliente in più o meno… una questione di soldi. Era il fatto che amava profondamente il suo lavoro. Lo svolgeva come una missione. Voleva davvero aiutare chi ne aveva bisogno. Sapeva quanto erano seri e pericolosi i disturbi della mente. Spesso seguiva pazienti a prezzi irrisori, pur di risolvere i loro problemi. Si era laureata giovane, e aveva dedicato tutta la sua vita al lavoro. Lo squillo del campanello la distolse dai suoi pensieri. “Terzo piano!”, disse al citofono. Si guardò allo specchio, e si riavviò i folti capelli castani. Il paziente tardava a salire. Uscì fuori sul pianerottolo. Notò che l’ascensore non si era mosso dal pianoterra. Si sporse dalla tromba delle scale, per vedere se il cliente stesse salendo a piedi. Non vide nessuno. “Sono al terzo piano… fa difficoltà a trovarmi?”, domandò. Non ricevendo alcuna risposta, rientrò nello studio. In caso, avrebbe risuonato. Il paziente invece, era già penetrato all’interno, nascosto dietro la porta. Il suo desiderio di uccidere, aveva raggiunto il massimo livello. Adrenalina a mille. Con un braccio, cinse la vita della dottoressa colta di sorpresa, mentre con l’altra mano, le serrò la bocca. Diede un calcio alla porta, richiudendola forte. Gli occhi della donna erano sbarrati dal terrore e ancora di più dalla sorpresa. La persona che aspettava era davanti a lei. La conosceva. Uno sguardo folle… carico di odio. Avrebbe voluto sapere… capire… era il suo lavoro. La prima coltellata giunse improvvisa. Un dolore atroce allo stomaco. Poi, una seconda ancora più violenta. Cadde a terra. Dalla profonda ferita, il sangue sgorgava copioso. Si trascinava sofferente, mentre il pavimento si colorava di rosso. Flavia sapeva che era la fine. Nessuna possibilità di chiedere aiuto. La nera figura stava dietro di lei, con un ghigno satanico dipinto sul viso. La vista iniziava ad appannarsi, mentre giunse una terza coltellata. Il dolore era tremendo. Perché non moriva?, si chiedeva. All’improvviso le sembrò dì vedere qualcosa. Mise a fuoco l’immagine. Sì, era proprio lei. Non poteva sbagliarsi. Forse si trattava solo di suggestione. La nera signora con la falce. Le tendeva la scheletrica mano. Sembrava sorriderle. Finalmente tutto diventò buio. L’assassino pulì il coltello in un lembo del camice insanguinato. Strappò una pagina dall’agenda degli appuntamenti. Aprì cautamente la porta e uscì dallo studio. Fuori dal portone, un bambino gli andò a sbattere contro. “Non devi correre Giulio… quante volte te l’ho detto!”, lo rimproverò una donna che doveva essere sua madre. “Mi scusi”, disse. L’assassino non rispose. Sorrise, facendo una carezza al bambino.
Capitolo 39
Lorenzo aveva trascorso la giornata in sala montaggio. Era soddisfatto. Lavorando insieme al suo montatore di fiducia, avevano già assemblato un quarto d’ora di film. Si entusiasmò a vedere il travolgente inizio. Prima di tornare a casa, si fermò a parlare con Teresa, che domandò se ci fossero novità sulle indagini. Ancora una volta il regista, fu colto da alcuni dubbi sulla ragazza. Perché quell’interessamento? Solo perché gli voleva bene, o nascondeva dell’altro? Dopo averla salutata, si diresse di corsa a casa. Doveva farsi una doccia veloce, e passare a prendere Gianni. Corrado li aveva invitati a cena, e sapeva quanto tenesse alla puntualità. Neanche mezz’ora dopo, si trovava nudo sotto il getto dell’acqua calda, godendo di quella piacevole sensazione. Non c’era nulla di meglio per togliersi addosso tutta la stanchezza accumulata durante la giornata. Non sentì la chiave che girava nella serratura della porta d’ingresso, ne tantomeno i passi della persona misteriosa che percorreva il corridoio. Continuava a lasciarsi scivolare addosso l’acqua, con gli occhi chiusi nel totale relax. Solamente quando chiuse il rubinetto e uscì dal box, si rese conto da alcuni rumori, che qualcuno si trovava in casa. Indossò l’accappatoio e cautamente aprì la porta del bagno. Chiunque fosse l’intruso, non cercava assolutamente di passare inosservato. Un brivido di paura lo pervase. Un rigagnolo di sudore, dato dal profondo stato di tensione, gli colò sulla fronte. Aveva le palpitazioni a mille. Il suo incubo aveva finalmente preso forma e tra poco, sarebbe stato a faccia a faccia con lui. O con lei. Raggiunse di soppiatto la cucina e impugnò un coltello dal cassetto. I rumori adesso, provenivano dalla sua stanza. “Sei tu… maledetto bastardo? Sei venuto per uccidermi? Va bene… facciamola finita finalmente!”, disse a voce alta, come per farsi un po’ di coraggio. Spalancò la porta con un calcio. Rosa, la domestica peruviana, lanciò un grido, facendo cadere a terra il piumino con il quale stava spolverando. “Madre de Dios!… Signor Torri… vuole farmi morire?”, domandò sedendosi sulla poltroncina accanto a lei. “Accidenti Rosa è lei… mi scusi… mi scusi tanto… ma come mai a quest’ora così insolita?”. “Domani non potevo venire, e allora ho anticipato… l’avevo anche avvisata l’altro giorno.” “È vero… non me lo ricordavo… mi dispiace averla spaventata… con quello che mi sta succedendo, ho la testa presa da altre cose. Vado a vestirmi… lei faccia pure il suo lavoro… passo a salutarla prima di uscire”. Rientrò subito dopo nella stanza. “Rosa?”. “Mi dica?”. “Quando può… mi preparerebbe un piatto delle sue meravigliose polpette?”. La donna sorrise. “Certamente… la prossima volta gliele porto… anche mia figlia me le ha chieste”.