REGIA: NATHANIEL MARTELLO-WITE

ATTORI: ASHLEY MADEKWE, JUSTIN SALINGER, JORDEN YRE

REPERIBILITÀ: ALTA (disponibile su Netflix)

GENERE: THRILLER-DRAMA

ANNO: 2023

The strays” si colloca come un thriller-drama dalle venature psicologiche diretto dal regista-attore britannico Nathaniel Martello White alla sua prima prova col lungometraggio (dopo il cortometraggio “Cla’am” del 217) un film prodotto per la piattaforma Netflix. La sceneggiatura ci presenta un misterioso personaggio in fuga da un presente opprimente in cerca di una nuova vita, poi abbiamo un salto temporale e troviamo Cheryl (Ashley Madekwe)  una donna afro inglese in carriera con una bella casa e una famiglia tranquilla, la donna sembra essere molto attenta alla cura della sua persona in maniera maniacale. Ad un certo punto la donna comincia ad essere seguita da due misteriosi giovani neri, chi sono? Il film si colloca nel calderone dei thriller ma con un mood che lo fa ibridare col drama, il personaggio di Cheryl è ben caratterizzato, una donna in carriera che ci tiene alla sua immagine, fatto che contrasterà con le sue colpe del passato, essa infatti sembra voler lavare queste ultime a suon di creme e parrucche (come sottolineato in diverse sequenze), è un personaggio che rinnega se stesso e le sue origini africane nascondendo la sua chioma riccia e negando anche a suo figlio qualsiasi riferimento alla cultura afro americana, una donna chiaramente in lotta con se stessa. C’è il tema del passato che ritorna delle proprie origini che ci restano attaccate addosso, questo ritorno che porta con sè una fine delle sicurezze borghesi viene sottolineato anche da un cambiamento evidente sul lato estetico con una protagonista più sciupata e senza trucco come evidenziato nella sequenza in salotto dove lei si apre alla sua famiglia raccontando tutto. In questo thriller c’è anche una sorta di passaggio dall’irreale al reale giocando e depistando lo spettatore in quanto  siamo portati a dubitare dell’esistenza di questi personaggi che insidiano Cheryl, la cittadina in cui è inserita la famiglia sembra un ambiente fin troppo patinato e irreale, un tranquillo posto da ricchi borghesi dove si fa anche una blanda beneficienza verso i paesi poveri del terzo mondo con eventi organizzati dalla vice preside protagonista, eventi che paiono una sorta di lavaggio della coscienza dove comunque la cruda realtà irromperà senza mezzi termini. C’è spesso un’atmosfera in bilico fra lo chic e l’asettico con questi interni molto curati, belli ed eleganti (soprattutto all’inizio)  c’è la nevrosi della protagonista, elemento destabilizzante e graduale (all”inizio con piccoli segni) per la sua immagine di donna sicura ed elegante che portata al limite comincia a manifestare anche un atteggiamento violento.  C’è il tema attuale (soprattutto in America, anche se qui siamo in Gran Bretagna) del confronto-scontro fra bianchi e neri e della nuova tendenza dei bianchi ad abbandonare la zone periferiche urbane, questo confronto fra bianchi e neri è singolare nell’economia del film in quanto stiamo parlando di una famiglia mista che comunque risente di questi confronti-scontri. Altra singolarità (anche se non originalissima) è il fatto che la narrazione  procede talvolta a sbalzi temporali, il film sembra concentrarsi quasi tutto sul personaggio della vice preside e dei suoi figli mettendo in ombra l’anonima figura del marito Ian interpretato da Justin Salinger (“Everest”, “L’amore fatale”, “Brimstone”) il classico borghese anonimo. Nella parte del fratello borderline e psicotico troviamo l’ottimo Jorden Myre (“Dancing in the dark”, “Mood”) che rappresenta la minaccia che arriva inaspettata dal passato, uno psicotico dagli scatti imprevedibili, ottimala sua nervosa interpretazione. Finale non banale che chiarisce la natura del personaggio protagonista, un buon film, forse un po’ troppo patinato ma godibile.

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