UN ANGELO PER SATANA

REGIA:CAMILLO MASTROCINQUE

ATTORI: BARBARA STEELE, ANTHONY STEFFEN, MARIO BREGA, CLAUDIO GORA

REPERIBILITÀ: MEDIA

GENERE: GOTICO ALL’ITALIANA

ANNO: 1966

DISTRIBUZIONE ITALIANA:  SINISTER FILM

La mitica Sinister film (distribuita da CG home video) è una grande casa di produzione, grazie a lei hanno visto la luce in dvd vere e proprie perle finite nel dimenticatoio, fra le quali “Un angelo per satana”, opera gotica di Camillo Mastrocinque regista che nella sua grande carriera privilegiò più che altro il genere comico (diresse diversi film con Totò fra i quali il mitico “La banda degli onesti”) facendo però due curiose e riuscitissime incursioni in territorio horror/gotico con “La cripita e l’incubo” ed il film oggetto di questa recensione. Questa vicenda è ambientata nel microcosmo di un piccolo paese nel quale arriva Roberto Merigi un restauratore chiamato dal conte Montebruno, padrone di una bella villa, per restaurare una statua ripescata dal lago la quale ha le fattezze di Maddalena, un’antenata della famiglia molto somigliante all’attuale nipote del conte: Harriet.

Mario Brega nella scena dell’osteria

Sulla statua grava una maledizione lanciata da Belinda invidiosa della bella Maddalena Strani delitti iniziano quando Harriet comincia a dare segni di squilibrio psichico sfoderando una crudeltà molto accentuata, forse è posseduta da un’inquieto spirito? Quest’opera ( tratta da un racconto di Luigi Emmanuele) pregna di malinconia è giustamente citata nel volume: “Guida al cinema horror made in Italy”, le bellissime musiche sono di Francesco di Masi (grande maestro d’orchestra che firmò colonne sonore per numerosi film western) e stupiscono per la loro raffinatezza già dai titoli di testa. Le locations sono molto belle, a cominciare dalla suggestiva villa vicino al fiume, una dimora che non avrebbe sfigurato in un bel film della Hammer, è curioso infatti notare come quest’opera richiami alla mente le atmosfere della vecchia casa di produzione inglese grazie anche alla bella fotografia di Giuseppe Aquari che esalta il senso di decadenza aleggiante in questo gotico

Anthony Steffen è Roberto Merigi

all’italiana. A conferma della buona scelta degli attori troviamo anche Mario Brega (grande interprete di film western e comici, lavorò per grandi registi come Leone, Scola, Risi e tanti altri) nel ruolo di un burbero uomo di campagna che resterà preda del diabolico fascino della ragazza.

Per quanto riguarda i protagonisti c’è Anthony Steffen (pseudonimo di Antonio Luiz), attore dalla linga carriera (che purtroppo troviamo anche in due ciofeche filmiche come “Malocchio” di Mario Siciliano e “Play motel” di Gariazzo) interprete di molti ruoli in film western, qui veste i panni di un giovane restauratore che arriva alla villa. Poi c’è Barbara Steele che inaugurò la sua grande avventura nell’horror con “La maschera del demonio”, un’attrice che non ha bisogno di presentazioni, un’icona che diede il meglio negli anni ’60. C’è il tema della tragedia che eternamente si ripete portando sventura, ad abbellire il tutto è presente una sottile vena erotica (più accennata che palesata, d’altronde eravamo nel 1966…) e il tema della possessione demoniaca, anche questo trattato molto elegantemente (niente vomitate e autolesionismi fin troppo abusati in molte pellicole anni 70/80) sostanziato da cambiamenti repentini di personalità il cui apice è la scena della fustigazione di Vittorio, una sequenza molto pesante per l’epoca. Dunque un film di confine fra dramma e gotico molto basato sulla bravura dei suoi interpreti, contenente un finale col classico colpevole insospettabile, un film da recuperare.

 

 

 

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