REGIA: LORCAN FINNEGAN

ATTORI:  IMOGEN POOTS, JESSE EISENBERG, JONATHAN ARIS

REPERIBILITÀ: ALTA, SI TROVA IN DVD

GENERE: THRILLER PSICOLOGICO

ANNO:  2019

Il regista irlandese Lorcan Finnegan dopo una lunga serie di corti approda al lungometraggio con “Without name” nel 2016, un insolito eco-horror presentato in anteprima al Toronto international film festival, nel 2019 torna alla carica con questo “Vivarium” film di difficile lettura e catalogazione che sonda i meandri del thriller psicologico. “Vivarium” ci trasporta in un mondo alienante fatto di case e giorni tutti uguali alla ricerca di un idillio (fallito) che è metafora di una vita che scorre su binari prestabiliti, l’incubo della quotidianità? Terrificante esperimento alieno-demoniaco? Forse, dimensione parallela dalla quale è impossibile uscire? Anche. Il film volutamente non si presta ad una chiave di lettura univoca lasciando  ampio spazio all’interpretazione personale, si riscontrano a mio avviso alcuni spazzi di Lynch, ma andiamo con ordine.

La sceneggiatura di Garret Shanley vede due protagonisti, Gemma e Tom, una giovane coppia in cerca di una nuova casa, i due si recano allora in un’agenzia immobiliare  dove trovano lo strano Martin (Jonathan Haris “Birthday girl”, “The martian”, “Rogue one- a Star Wars story”) lo strano tipo li porta in un nuovo quartiere dove sono state costruite delle casette verdi tutte uguali. Il nuovo quartiere si chiama Yonder (laggiù) i due visitano una delle casette con l’uomo dell’agenzia che però scompare misteriosamente lasciandoli soli nella casa, i due restano si pongono domande sulla scomparsa dell’uomo ma visto che nè la casa, nè il quartiere sembra andargli a genio decidono di andarsene. Ben presto scopriranno che è impossibile andarsene da quell’intrico (ordinatissimo) di vialetti e casette tutte verdi. Dopo aver guidato per ore ed essere ripetutamente tornati alla casa numero 6 decidono di passare la notte lì, scopriranno presto che qualcuno (o qualcosa) gli passa degli alimenti insipidi in una scatola di cartone davanti casa, un giorno aprendo la scatola troveranno un bimbo.

I due sembrano così forzati ad una vita idilliaca (e solitaria visto che sono gli unici abitanti del quartiere) ma il bambino non sembra affatto essere normale in quanto cresce a vista d’occhio divenendo presto adulto. Come fuggire dall’incubo? La trama è un’allegoria allucinata della vita quotidiana perfetta, pochi personaggi carichi di simboli la coppia con il bambino simboleggia probabilmente il numero perfetto (3) infatti non a caso il numero civico della casa è il sei (multiplo del 3) il simbolismo del nido che vediamo nei titoli di testa è un chiaro riferimento all’habitat domestico ma non solo infatti vediamo che il piccolo volatile cade e vien cresciuto da altri uccelli, come succederà poi nel film dove il bambino viene cresciuto da genitori “adottivi”, infatti la donna insiste dicendogli “non sono tua madre” abbiamo quindi un’altra allegoria sulla crudeltà della natura sostanziata anche dalla sequenza all’asilo dove la protagonista cerca di consolare una bambina triste per la morte di un uccellino. Il cast è composto da pochi attori, un cast minimalista per una scenografia altrettanto scarna fatta di nuvole che paiono finte (ovvero non hanno forme fantasiose ma paiono finte) e casette anonime tutte uguali, Imogen Poots (“28 settimane dopo”, “Fright night”, “Black christmas”)è molto convincente nel ruolo di una ragazza comune acqua e sapone mentre Jesse Heisenberg è anche lui un ragazzo comune senza una storia alle spalle in una interpretazione molto convincente.

L’aspetto anonimo e privo di una caratterizzazione particolare dei personaggi è un altro aspetto da considerare, i due protagonisti piano piano trovano il loro posto in questo mondo alienante, anche loro a ben vedere sono anonimi e privi di una storia alle spalle, di loro sappiamo poco e niente, lei insegna in una scuola, stanno cercando una casa per la loro vita insieme e basta. Il film depista lo spettatore dandogli continui indizi e suggerimenti che paiono tutti portare ad una soluzione diversa: il bambino che afferma di aver trovato un misterioso individuo e di passare del tempo con lui e ne imita la voce mostruosa (un demone, un alieno?) il misterioso libro scritto in una lingua sconosciuta Gemma trova  e sfoglia sembra illustrare la razza umana spigandola in una scrittura di un altro mondo, (pare quasi un grimorio) la fossa che scava nel terreno sintetico (altro elemento fasullo) sembra non portare da nessuna parte se non a scoprire alla fine brutte verità. Il bambino accende la tv affermando di riuscire a capire dei messaggi su un unico canale che trasmette inquietanti immagini astratte che si fondono e cambiano continuamente e forse simboleggiano l’inconscio e sono a mio avviso un riferimento a certe allucinazioni targate Cronenberg. Un film astruso (personalmente non mi piacciono questo genere di film ad interpretazione) non per tutti e di difficile lettura: qual’è il significato del film? Forse quello che lo spettatore stesso decide di attribuirgli secondo le corda che il regista ha fatto vibrare dentro di lui, se cercate il solito horror-thriller di sangue e budella andate altrove, se non amate i film da interpretare scappate via, se siete amanti di un cinema colto, elegante, astruso, e siete in cerca di un prodotto particolarissimo e fuori dagli schemi potete accomodarvi.

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